• Autore: Barbara Prestianni
  • Fonte: La Sicilia

«BRONTE – Cartelloni, nastrini ai polsi e tanti palloncini. Tutto rigorosamente in rosa. E all’improvviso musica, a tutto volume, per ballare insieme sulle note di Break the chain (Spezza la catena) e urlare il proprio no alla violenza sulle Donne. Alla vigilia dell’8 marzo, l’Associazione del Telefono Rosa Onlus Bronte ha deciso non di festeggiare la giornata internazionale della Donna, ma di commemorare le operaie morte nel 1908 mentre protestavano per rivendicare i propri diritti. Così è nato il loro primo flash mob lanciato tramite i social per chiamare a raccolta uomini e donne di tutte le età. E in una mattina clemente, nonostante il freddo e le previsioni meteo, piazza Rosario è diventata il palco di un centinaio di improvvisati ballerini. A partecipare non solo le volontarie, ma anche la cittadinanza che ha risposto all’invito insieme agli studenti del Liceo Classico e Artistico “Ven. Ignazio Capizzi”, accompagnati dai docenti e dalla preside, Grazia Emmanuele, già ambasciatrice del Telefono Rosa Bronte.

In piazza anche i rappresentanti del Comune patrocinatore, il sindaco Pino Firrarello, il suo vice Nunzio Saitta e il presidente del consiglio comunale Salvatore Gullotta. Significativa la presenza dei ventuno ospiti del centro SPRAR (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, gestito dal consorzio Sol. Calatino e inaugurato a Bronte nel novembre dello scorso anno): iraniani, pakistani, afghani, uomini provenienti da territori dove la Donna è “seconda e secondaria”. Sono stati loro, guidati dalla coordinatrice del centro, Tiziana Tardo (anche lei già membro del Telefono Rosa Bronte), a realizzare i cartelloni che campeggiavano in piazza con frasi tratte dalla canzone di Tena Clark, brano volutamente scelto per il suo invito a spezzare la catena dell’indifferenza.
Si sono dunque trovati fianco a fianco Occidente e Medio Oriente, schierati insieme a ritmo di musica contro ogni forma di violenza sulle Donne. “Mi picchia, mi prende a pugni, mi butta fuori dalla macchina, mi dice stupida, cretina, incapace”. Violenze fisiche, verbali, psicologiche, sono le realtà che spesso si nascondono dietro la porta accanto e contro cui da tre anni le volontarie della Onlus hanno deciso di lottare. Il loro è l’unico centro del Telefono Rosa al di sotto di Napoli (sette in tutta Italia, Roma, dove è nato nel 1988, Torino, Verona, Mantova, Napoli, Ceccano e Bronte). Disponibili 24 ore su 24, alzano la cornetta per rispondere alle chiamate che arrivano dalla Sicilia e da Reggio Calabria, aprono le porte del loro centro (in comodato d’uso nel convento dei Cappuccini, perché contributi non ne arrivano), ascoltano storie di quotidiana violenza e poi offrono gratuitamente assistenza legale e psicologica (e non è così raro che si autotassino per fare fronte alle spese). 

«omissis»